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"Dipende da me: il ruolo  
delle comunità" 

    Da alcuni anni a Monfalcone, l’Associazione “Dipende da me” propone un appuntamento pubblico nel quale sono invitati a intervenire coloro che, a diverso titolo, lavorano nel campo delle tossicodipendenze e chi ne ha attraversato l’esperienza riuscendo a superarla. La serata – costruita con tenacia e impegno dalla giornalista Michela Porta – vuole essere l’occasione per scuotere lo stigma che ancora circonda il tema delle dipendenze, attraverso il racconto e la testimonianza di chi ha a che fare con questa singolare forma del disagio della civiltà.

    Quest’anno, anche la Comunità “La Tempesta” è stata invitata a intervenire nell’ambito di una serata il cui tema specifico era quello delle Comunità di recupero.

    Con Michela Porta, abbiamo però pensato che sarebbe stato interessante, accanto agli interventi più “specialistici” dello psichiatra e degli psicoterapeuti, costruire, con gli ospiti della Comunità, un lavoro collettivo da presentare al pubblico. L’idea è sorta conversando insieme, perché è dal dialogo che ciascuno può spostarsi un po’ dalla certezza della propria idea e inventare del nuovo. Non avremmo quindi raccontato la Comunità e il suo funzionamento, ma avremmo dato vita a un laboratorio, un piccolo collettivo di lavoro che si sarebbe incontrato un certo numero di volte, per portare il frutto della propria ricerca sul palco di Monfalcone. 

    Sia il percorso, che abbiamo deciso di intraprendere, sia questa elaborazione finale dell’attività laboratoriale, sono dunque una produzione a più mani, un’opera collettiva, che non trascura alcune testimonianze singolari di quanti hanno preso parte al laboratorio.

    La domanda principale che ci siamo posti è: la comunità serve?

    Da lì, quasi automaticamente, abbiamo individuato degli argomenti che ci stavano particolarmente a cuore. Argomenti strettamente legati al percorso comunitario ma anche alla comunità in senso lato:

     

    Prendersi cura – Stare nei limiti – Libertà e oppressione – Pregiudizi

     

    Abbiamo adottato il primo tema come titolo del nostro percorso in quanto ci sembra l’argomento che rappresenta meglio la nostra realtà e il messaggio che volevamo trasmettere.

    Prendersi cura di sé e degli altri è una delle abilità che si possono apprendere e riapprendere durante il percorso della vita. Qui, in comunità, ci si trova davanti a sé stessi e alle storie degli altri, così simili eppure così diverse.

     

    Stare nei limiti non dev’essere visto nella concezione comune come un paletto che ci impedisce di fare qualcosa, bensì come uno strumento, un’opportunità che ci permette di allenarci a costruire e rispettare dei limiti non solo imposti o che arrivano dall’esterno bensì da dentro di noi.

    Parlando, invece, di libertà e oppressione, ci siamo fermati a considerare le varie situazioni che hanno portato ciascuno di noi ad avvicinarsi alla comunità: c’è chi è entrato per scelta, chi perché costretto (famiglia, legge). Chi di noi è entrato per scelta, lo ha fatto per avere una seconda occasione di costruirsi il futuro, riconoscendo che la strada finora percorsa non ci aveva portato alla felicità. Chi di noi, invece, è entrato perché costretto, ha trovato in questa decisione dei limiti che però lo hanno aiutato. Capiteranno, durante il percorso, momenti di insofferenza, oppressione e dubbio. Questi momenti sono necessari per una vera presa di coscienza di noi stessi e del percorso di crescita che abbiamo iniziato.

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