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Parlando, invece, di libertà e oppressione, ci siamo fermati a considerare le varie situazioni che hanno portato ciascuno di noi ad avvicinarsi alla comunità: c’è chi è entrato per scelta, chi perché costretto (famiglia, legge). Chi di noi è entrato per scelta, lo ha fatto per avere una seconda occasione di costruirsi il futuro, riconoscendo che la strada finora percorsa non ci aveva portato alla felicità. Chi di noi, invece, è entrato perché costretto, ha trovato in questa decisione dei limiti che però lo hanno aiutato. Capiteranno, durante il percorso, momenti di insofferenza, oppressione e dubbio. Questi momenti sono necessari per una vera presa di coscienza di noi stessi e del percorso di crescita che abbiamo iniziato.

Comunque sia, nella vita in generale e in queste situazioni in particolare, tutti partiamo con dei pregiudizi: noi stessi, prima di entrare, pensavamo che questa fosse la classica ‘ultima spiaggia’, avendo dei pregiudizi sulla struttura, ad esempio, o pregiudizi sui metodi, più o meno “coercitivi”. Chi osserva da lontano, a sua volta, quando scopre che siamo stati in comunità, ha difficoltà a vedere oltre all’esperienza vissuta, stigmatizzandoci all’infinito. Il lavoro che cerchiamo di fare in comunità è proprio quello di mettere in discussione i nostri preconcetti che però spesso sono anche quelli che ci ha insegnato la società stessa. Una società che ha bisogno di ritrovare il significato vero di comunità, attraverso l’empatia e un’informazione corretta.

Le foto che accompagnano queste riflessioni, le abbiamo realizzate dopo alcuni appuntamenti nei quali abbiamo dialogato e ragionato insieme. Volevamo fossero emblematiche di ciò che per noi è la realtà comunitaria quotidiana, catturando piccoli momenti che desiderano trasmettere il senso di unità senza indorare la pillola, accanto quindi anche ai momenti di sconforto. Piccoli dettagli, come una sigaretta condivisa e una partita a calcetto, possono essere l’ultima cosa che viene in mente all’esterno quando uno pensa alla comunità, ma dall’interno invece è proprio ciò che spesso aiuta chi vive questo percorso. 

Da qui abbiamo capito come fosse sterile fermare il percorso arrivati a questo punto e abbiamo deciso quindi di aprire il progetto verso l’esterno tramite un cartellone interattivo esposto assieme alle foto all’evento “Dipende da me” attraverso il quale chiunque potesse esprimere la propria opinione e testimonianza sui temi proposti. Le risposte sono state buone tanto che abbiamo pensato di dare la possibilità a questo dialogo di continuare a vivere anche in altri spazi così da continuare a conversare con chi vorrà porci le proprie suggestioni, domande o riflessioni [rimando a canali social e indirizzo a cui scrivere].

    Le foto che accompagnano queste riflessioni, le abbiamo realizzate dopo alcuni appuntamenti nei quali abbiamo dialogato e ragionato insieme. Volevamo fossero emblematiche di ciò che per noi è la realtà comunitaria quotidiana, catturando piccoli momenti che desiderano trasmettere il senso di unità senza indorare la pillola, accanto quindi anche ai momenti di sconforto. Piccoli dettagli, come una sigaretta condivisa e una partita a calcetto, possono essere l’ultima cosa che viene in mente all’esterno quando uno pensa alla comunità, ma dall’interno invece è proprio ciò che spesso aiuta chi vive questo percorso. 

    Da qui abbiamo capito come fosse sterile fermare il percorso arrivati a questo punto e abbiamo deciso quindi di aprire il progetto verso l’esterno tramite un cartellone interattivo esposto assieme alle foto all’evento “Dipende da me” attraverso il quale chiunque potesse esprimere la propria opinione e testimonianza sui temi proposti. Le risposte sono state buone tanto che abbiamo pensato di dare la possibilità a questo dialogo di continuare a vivere anche in altri spazi così da continuare a conversare con chi vorrà porci le proprie suggestioni, domande o riflessioni [rimando a canali social e indirizzo a cui scrivere].

    A completamento della nostra strada insieme, ci siamo ritrovati tutti sul palco di Piazza Falcone e Borsellino a Monfalcone, il 1° settembre 2024, per l’evento “Dipende da me: il ruolo delle comunità di recupero” LINK AL VIDEO.Qui abbiamo potuto interrogarci insieme ai dottori su quale fosse il valore della comunità terapeutica e su quanto essa possa contribuire alla realizzazione dell’individuo come risorsa per la collettività.È stata un’occasione preziosa per restituire al pubblico il valore delle nostre esperienze vissute in comunità, tramite un punto di vista autentico e sincero che ha portato a uno scambio ricco di spunti e riflessioni tra noi e il pubblico.Qui sotto una piccola selezione di riflessioni nostre e di coloro che hanno calorosamente partecipato ascoltandoci e interagendo con noi:“È solo ricordando ciò che si vuole dimenticare che si va avanti nella cura.”“Ogni conquista orientata al benessere di uno, è sorgente di speranza per tutti.”“La mia prigione è nella mente.”“Serve coraggio per prendersi cura di sé, tu cercalo perché lui è già dentro di te.”“Fare il primo passo fa paura, ma non farlo fa ancora più paura.”Testimonianze dei partecipanti al laboratorioUna foto scelta (con il titolo) e una riflessione di max 10-12 righe su uno dei 4 temi individuati oppure a partire dal laboratorio svolto.Poche righe su “cosa mi ha dato la Comunità” anche rispetto all’apertura verso il futuro.Usare uno pseudonimo se non si vuole usare il proprio nome

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